Oggi, 25 novembre, è la giornata contro la violenza sulle donne.
Con l’espressione violenza di genere si indicano tutte quelle forme di violenza maschile che colpiscono le donne in quanto donne, costituendo non solo una discriminazione ma anche, e soprattutto, una violazione dei diritti umani.
La violenza di genere non riguarda solo le donne che la subiscono. Coinvolge tutte e tutti poiché affonda le proprie radici nei problemi di relazione tra uomini e donne, nei retaggi culturali, negli stereotipi di genere, in una visione proprietaria dell’uomo verso la donna di cui la nostra cultura è ancora permeata. Per questo serve ancora la cultura, l’educazione e la prevenzione per combattere il silenzio e l’omertà delle vittime. È proprio questo che, troppo spesso, uccide.
Parlare di violenza contro le donne significa affrontare una questione complessa e ancora perlopiù sommersa e rende necessario approfondire i fattori culturali, sociali ed economici che determinano le condizioni di soggezione e di dipendenza nelle quali versano molte donne in varie parti del mondo, condizioni che spesso rendono non solo possibili, ma addirittura tollerabili, le diverse forme di maltrattamento alle quali esse vengono sottoposte.
Stalking, femminicidio, maltrattamenti familiari, violenza religiosa, violenza sessuale, violenza economica, molestie, mobbing e l’attuale revenge porn.
Le vittime di femminicidio nei primi dieci mesi del 2020 sono state 81.
La violenza psicologica è la più diffusa e subdola: è meno visibile perché non lascia segni sulla pelle. Comprende intimidazioni, umiliazioni pubbliche o private, continue svalutazioni, ricatti, controllo delle scelte personali e delle relazioni sociali fino ad indurre la persona ad allontanarsi da amici e parenti, sino al completo isolamento.
Contro la violenza di genere la legislazione italiana si propone sostanzialmente tre obiettivi: 1) prevenire i reati 2) punire i colpevoli 3) proteggere le vittime. Nel quadro delle misure per prevenire, ma soprattutto per proteggere le vittime si inseriscono: la creazione dei centri antiviolenza; l’istituzione del numero verde 1522; l’adozione di protocolli comuni e modelli di specializzazione nei tribunali.
I centri antiviolenza costituiscono il fulcro della rete territoriale della presa in carico – che consiste in accoglienza, accompagnamento e sostegno – delle donne vittime di violenze e maltrattamenti. Si tratta di servizi specializzati che lavorano in accordo ai principi della Convenzione di Istanbul. Forniscono gratuitamente assistenza psicologica e legale, sostegno (anche economico) nei percorsi di uscita da situazioni familiari violente e ospitalità, in caso di bisogno e particolare rischio, presso case rifugio. In Toscana i centri sono 24. L’accesso a un Centro antiviolenza può essere diretto o su segnalazione di altri servizi (forze dell’ordine, psicologi, assistenti sociali, codice rosa). I servizi sono totalmente gratuiti. Nell 2019 le donne che hanno contattato i 23 CAV toscani sono state 5.542.
1522 è il Numero Nazionale gratuito e attivo 24h su 24, tutti i giorni dell’anno, che accoglie le richieste di aiuto (in diverse lingue) e sostiene le donne vittime di violenza indirizzandole al più vicino Centro. Durante il lockdown del marzo 2020 i contatti ricevuti dal 1522 sono stati +73% rispetto allo stesso periodo del 2019.
Rete Regionale Codice rosa attiva un intervento coordinato specifico all’interno dei Pronto soccorso toscani.
La cultura dello stupro, i femminicidi, le molestie e lo stalking purtroppo, hanno beneficiato del periodo di lockdown, secondo quanto emerge da un report del Ministero degl Interni sul tema violenza sulle donne: i dati del 2020 sono un susseguirsi di percentuali aggravate dalla solitudine e dalla chiusura sociale.
L’emergenza Covid19 ha visto nell’isolamento delle famiglie e nel distanziamento delle persone un incremento e una recrudescenza delle problematiche già presenti all’interno dei nuclei familiari, facendone anche emergere le difficoltà latenti. Dal 1 al 22 marzo si è registrato un calo delle denunce per maltrattamento in famiglia del 43,6% (e dell’83,3% le denunce per omicidi femminili da parte del partner), ma dall’altro, considerando anche le prime settimane di aprile, un sensibile aumento delle chiamate – più di 15mila – all’1522, verificatosi soprattutto dopo il 22 marzo. La quasi totalità delle chiamate si riferisce a casi di violenza in ambito domestico. Tornando alla Toscana, il numero di donne che si è rivolto a un centro antiviolenza nei primi cinque mesi del 2020 non si discosta di molto dall’anno precedente: 2.511.
Ringraziamo per la partecipazione: Alice, Anin, Giulia Irreale, Giulia, Massimo, Alessio, Melania, Margherita, Martina, Elisa, Patrizia e Abacadaba Pole Dance, Giulia S., Silvia, Susanna e Francesca.
(Fonti: Wikipedia, Regione Toscana, ActionAid)