Giulia Salamone (classe 1989), in arte Noeyes, è una giovane artista lucchese di origine siciliana che ha scelto di esprimersi tramite una pittura fatta di linee e astrattismo. Ha dipinto in Italia e all’estero facendosi segnalare tra gli artisti emergenti più interessanti da tenere d’occhio. Ha partecipato ai principali festival di Street Art italiani e ha realizzato varie mostre personali (VinArte Gallery a Barcellona – 2019, Galleria Olio su Tavola a Lucca). L’abbiamo incontrata un pomeriggio di pioggia torrenziale e ci ha aperto le porte di casa sua e del suo studio.
Parlando piacevolmente di tante cose, dalla musica come elemento fondamentale della vita, alla situazione attuale, passando per gli stili di vita che non ci interessano, Giulia ci ha raccontato che il momento attuale lo sta vivendo come un periodo buio, senza ispirazione, perché per lei l’arte deve uscire dallo stomaco. “Io non devo parlare del periodo che stiamo attraversando, devo esserne influenzata. Adesso sento di vivere in un sistema di cui non riesco a fare parte. Il periodo attuale per l’arte è duro in generale ma soprattutto per chi non vuole stare in questo sistema. L’arte non è un lavoro per molti; bisogna saper sfruttare i momenti bui per arricchirsi, e non sempre è facile riuscirci.” Oltre a non sentirsi libera, non può andare in giro per il mondo come ha sempre fatto (Berlino, Milano, residenze d’artista), contaminarsi e conoscere altri artisti, oltre al fatto pratico che molti lavori sono bloccati da marzo.
Quando parla Giulia trasmette l’amore e la passione per il suo lavoro, raccontando che le è costato molta fatica e spesso si è sentita sfruttata, soprattutto all’inizio, e stanca ma “una di quelle stanchezze belle”. Ad un certo punto però qualcuno ha investito su di lei e a ha capito che non era tutto vano e che la fatica poteva essere ripagata.
Sin dall’inizio del suo percorso ha sempre avuto il desiderio di creare. Era interessata all’arte vista dall’esterno e a tutto quello che girava intorno agli artisti: make up artist, scenografa, critica d’arte, fotografia, storia dell’arte. Poi ha iniziato l’Accademia di Belle Arti a Carrara, percorso fondamentale per la sua base tecnica pittorica, e ha iniziato a interessarsi all’arte dall’interno. Giulia parla spesso dell’importanza dello studio: “per essere un’artista ci vuole tutto e devi riempirti di tutto. Se è innato dentro di te, lo studio ti fa scoprire la tua vocazione altrimenti bisogna lavorare e studiare per conoscere e perfezionarsi sempre”.
Giulia è arrivata alla pittura esplorando varie forme d’arte (installazioni, fotografia, scenografia), iniziando con uno stile tecnico iperrealista e passando poi ad un periodo di bianco e nero, con studio approfondito delle ombre, fino a trovare la propria espressione nei suoi attuali lavori, composizioni cromatiche tra sovrapposizioni, trasparenze e profondità. Il suo tratto distintivo è la forma dell’occhio, da cui deriva il nome “Noeyes” che significa appunto No-Eyes, un occhio vuoto che guarda criticamente la società contemporanea ma allo stesso tempo sottolinea l’importanza di osservare e guardare oltre. “Noeyes è l’occhio che non può vedere e che dà importanza solo all’interiorità della persona. In ciò si evince certamente una critica alla società odierna: da un lato, il rapporto quasi malato con l’estetica e, dall’altro, la possibilità di avere tutto e subito, già pronto. In pratica, una manifestazione contro una vita comoda che esalta l’apparire ponendosi il minor numero di domande possibili.” I disegni di Giulia infatti, non rappresentano soltanto semplici linee geometriche e astratte ma sono uno studio minuzioso per raccontare caratteri e personalità, sia negative che positive. Non sono solo forme ma vere e proprie analisi di quello che ci circonda. Con il suo occhio Giulia osserva le persone e le trasporta sulle tele o sui muri.
Utilizzando principalmente spray e pennelli, i suoi lavori si dividono tra tele, oggetti di design e muri, ma è proprio la Street art quella che considera “la mia dimensione; il muro vuoto per me è una sfida”. Non fa delle bozze se non strettamente necessario (quando richiesto da bandi per esempio); ha tutto in testa e va di mano libera. “Cerco di assorbire ciò che mi circonda: la struttura, i colori già presenti, il luogo in cui mi trovo e chi lo vive. Poi provo a dare un equilibrio alla composizione pittorica affinché mantenga un giusto peso visivo nella visione totale dello spazio. Gli elementi, generalmente, li considero come anime o caratteri differenti. Essi si sviluppano tra sovrapposizioni, profondità, incroci e trasparenze, paragonabili ai rapporti umani o con sé stessi”.
Dalla nostra chiacchierata è emerso, oltre al disagio del momento attuale e il grande lavoro di ricerca e studio che hanno caratterizzato l’evoluzione artistica di Giulia, che per lei l’arte è stata anche una terapia per uscire da esperienze che l’hanno toccata da vicino. Grazie al suo lavoro è stata in giro per il mondo e per residenze d’arte, ha conosciuto altri artisti, esperienze che l’hanno portata di nuovo a confrontarsi con gli altri dopo un periodo vissuto in auto-isolamento. Nel lavoro ci rivede tutte le fasi della sua vita: “Ogni cosa è una briciola della vita e tutto va messo insieme perché fa parte di quello che ti accade”. Tutto quello che voleva fare prima di dipingere è presente nei suoi lavori: teatrino delle ombre per studiarle sulla tela (richiama gli studi di scenografia) poi la stampa (fotografie); tutte le esperienze, positive e negative, se le è portate dietro e i suoi lavori le contengono tutte.
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